Per aumentare il traffico sul sito web di una struttura alberghiera c’è sicuramente il Pay Per Click di Google Adwords.
Grazie alle inserzioni pubblicitarie a pagamento infatti, si riesce nel breve termine ad intercettare la richiesta dei propri potenziali clienti.
Negli ultimi anni, una delle questioni più dibattute sulle modalità di realizzazione di una campagna pubblicitaria, è quella sull’utilizzo di parole chiave che interessino il nome brand della struttura stessa.
Spesso ci si domanda: per quale motivo dover pagare un clic su una keyword relativa al nome della propria struttura alberghiera?
Qualora ancora non lo sapessi, la risposta la trovi in questo articolo che ho scritto il mese scorso e che ti invito a rileggere perché troverai altri utili approfondimenti.
Oggi ciò che m’interessa mettere in evidenza, è il fatto che nell’utilizzo della “brand keyword”, vi è purtroppo un fattore negativo da prendere in considerazione e che va ad inficiare sulla buona riuscita di un tale investimento.
Sommario
AUMENTO DEL COSTO DELLA KEYWORD BRAND
E’ in atto un aumento dei costi relativi al proprio “mercato brand”. E da chi è causato questo aumento?
Chiaramente dalle OTA che, come potrebbe fare una qualsiasi struttura alberghiera che decide di acquistare le keywords relative al proprio nome brand, si prodigano nel medesimo acquisto cercando di indirizzare gli utenti a prenotare sulle loro pagine.
Questo, come già andavo dicendo nell’articolo di Giugno, sta diventando un grosso ostacolo perché mentre le OTA pare abbiano ingenti somme di denaro da investire, così non è per gli hotel, soprattutto quando parliamo di piccole e medie strutture.
Sembra a tutti gli effetti una lotta impari. E questa tendenza di aumento dei costi non è, a quanto pare, solo una mia sensazione.
Mi sono imbattuto in questa intervista di Frank Reeves (co-founder and CEO of Avvio), in cui parla dell’effetto di Mirror Marketing nel Pay Per Click e che quindi conferma ciò che fino a qualche tempo fa era solo una presunta sensazione: le OTA stanno schiacciando anche questa piccola valvola di disintermediazione.
COS’E’ IL MIRROR MARKETING?
Ha luogo quando una o più agenzie di viaggio online pagano affinché i loro siti appaiano al di sopra del sito ufficiale dell’hotel quando gli utenti utilizzano Google cercando il nome brand specifico di una struttura alberghiera.
Frank Reeves sostiene che tutto questo comporta due conseguenze: i clienti che cercano il nome di una struttura su Google potrebbero cliccare sull’inserzione delle OTA, prenotare sui loro portali e quindi generare un aumento di commissioni che la struttura dovrà pagare al portale.
L’altra conseguenza è quella che evidenziavo nelle mie considerazioni introduttive: il costo per click per una keyword legata al proprio nome brand, diventa progressivamente più costoso.
IMPATTO SUI COSTI DI MARKETING
I dati sugli investimenti di Frank Reeves mostrano un aumento del 35% del costo delle keywords brand delle strutture alberghiere.
Tutto questo genera quindi meno traffico diretto sui siti delle strutture. Ma soprattutto, a fronte di un aumento dei costi, le inserzioni pubblicitarie corrono il rischio di comparire in una bassa posizione della pagina Google, per dare invece spazio alle OTA che più facilmente e con costanza riescono ad occupare i primi 3 risultati a pagamento.
Il tutto secondo F. R. è ancora più evidente nelle ricerche da Mobile, dove solitamente viene mostrato solamente un risultato a pagamento. Qui ha registrato infatti un aumento del 50% dei costi sulle brand keywords da mobile.
Anche io riscontro questo aumento nelle campagne PPC che ho in gestione. Nel caso del Regno Unito mediamente si arriva anche a superare 1€ di CPC (Costo per click) sulla keyword brand.
I costi sono veramente esagerati, ma nonostante questo performanti. L’assurdo è che non si dovrebbe pagare così tanto sul nome della struttura alberghiera per ottenere un risultato positivo.
IL PATTO DI NON BELLIGERANZA CON LE CATENE ALBERGHIERE
Frank Reeves dice che la cosa strana è che le grandi catene alberghiere sono invece immuni dall’effetto Mirror Marketing. Pare quasi che i grandi portali turistici stringano accordi di non belligeranza in tal senso.
In effetti pure per il caso italiano è sufficiente digitare su Google il nome brand delle più famose catene alberghiere per rendersi conto che non vi è competitività: le OTA non sfruttano le brand keywords delle grandi catene.
Quindi il problema riguarda solo le singole strutture alberghiere.
Frank Reeves continua dicendo che:
le associazioni di categoria dovrebbero svolgere un ruolo più attivo nell’evidenziare tale problema con l’obiettivo di allestire un fronte comune contro l’effetto di Mirror Marketing costantemente attuato dalle OTA.
Solo con un’azione comune concertata può l’industria alberghiera nel suo complesso porre fine a questo abbassamento d’efficacia del marketing e sviluppare i rapporti più cooperativi con OTA, rapporti di cui godono le grandi catene.
LA SOLUZIONE E CONCLUSIONE (secondo me)
Ho due visioni.
La prima è una visione, diciamo “morale”, secondo cui probabilmente le OTA dovrebbero realmente cominciare a “mettersi una mano sulla coscienza”. Sono d’accordo con Frank Reeves quando auspica maggiori margini di collaborazione tra le strutture alberghiere ed i grandi portali.
Di mercato online ce n’è per tutti, ma in tal modo si sottraggono tante possibilità d’investimento alle piccole/medie strutture, che oggi stanno veramente facendo una grande fatica ad emergere sul web. Se l’effetto di Mirror Marketing dovesse diventare sempre più impetuoso, allora il PPC quando legato a questo discorso delle brand keywords, potrebbe realmente diventare un miraggio (per alcuni già lo è).
L’aspetto morale poi mi conduce alla seconda visione, improntata sugli aspetti più puramente tecnici e di web marketing turistico, secondo cui il ruolo delle OTA non può essere visto e considerato come quello di un “mostro” che tutto pretende e nulla lascia. Va detto che esistono tante strutture che lavorano bene, e mi azzardo a dire che sopravvivono, proprio grazie alla visibilità prodotta dai portali turistici.
Va infatti preso in considerazione pure il rovescio della medaglia: le piccole strutture che non investono su Adwords, possono trarre vantaggio dal Mirror Marketing. Si perché è come se fossero le OTA a sostenere un investimento pubblicitario per loro: è evidente che il pegno da pagare è la provvigione obbligatoria da consegnare al portale per questa opportunità di visibilità, senza però dimenticare che successivamente la struttura può fidelizzare quel cliente per invitarlo ad una futura prenotazione diretta e non mediata.
Queste sono le “gioie e dolori” del web marketing turistico e del sempre vivo argomento relativo alla disintermediazione/intermediazione. Si tratta solo di trovare i giusti compromessi e puntare più ad una visione collaborativa e meno distruttiva, sia in un senso che nell’altro.
In tal caso si sta parlando di Adwords, investimenti pubblicitari e Mirror Marketing. Un problema di fondo esiste ed è innegabile. Tuttavia ritengo che non sia la risoluzione di questo aspetto la strada per il successo di una struttura alberghiera.
Ho già espresso in passato il mio pensiero secondo cui è solamente ragionando con investimenti a 360° che si possono ottenere reali risultati. Il caso del Mirror Marketing è solamente una piccola (ma importante) nota stonata rispetto al potenziale che una struttura può far emergere attuando le giuste strategie di SEO, Web Marketing, Social Media e Content Marketing.
Quando le fonti da cui attingere acqua sono molteplici, gli effetti negativi causati da un singolo tipo di investimento sono meno dolorosi. L’acqua subirà un momentaneo contraccolpo ma il continuo deflusso sarà sempre garantito dagli altri investimenti sostenuti e che vicendevolmente si sostengono. :-)
E tu cosa pensi di questa questione sul Mirror Marketing?
Un saluto
Danilo Pontone